venerdì 23 novembre 2018

stabilizzazione ricercatori precari università

Stabilizzazione dei Ricercatori Precari dell'Università. Ormai l'onda è partita. Ma bisgona che non ci si lasci intimorire. La Ricerca Italiana, l'Università Italiana, le singole Facoltà i diversi Dipartimenti non possono perdere la ricchezza dei nemmeno più giovani Ricercatori che per anni hanno dato lustro e conoscenza all'Università, senza nessuna garanzia, soltanto con la passione per un lavoro entusiasmante che non si può perdere come "lacrime nella pioggia".

lunedì 2 luglio 2018

La formazione SEO in azienda

La formazione e la consulenza SEO in azienda sono aspetti delicati e molto importanti per l'imprenditore che vuole rimaner proporle e competitivo sul mercato dell'online



Le ricerche degli utenti rappresentano fette di mercato che può diventare accessibile solo se si elabora un metodo utile ed efficace per intercettarle secondo il proprio modello di Business, per proporre il proprio prodotto o servizio in modo corretto e moderno e venderlo a utenti clienti soddisfatti dell'acquisto perché è proprio quello che stavano cercando e che ha dato avvio al processo digitale



In sintesi le tecniche di posizionamento SEO dei siti web e del digital marketing altro non sono che le elaborazioni individualizzate di sofisticati processi di comunicazione con gli utenti/clienti

venerdì 19 dicembre 2014

Protesta continua contro il petrolio. Tra le azioni anche il referendum consultivo.


Al sit-in davanti Palazzo D'Orleans a Palermo contro le trivelle nel Canale, non c'era la maggioranza silenziosa dei siciliani ma tutte le Associazioni Ambientaliste, l'Anci, un esponente del Pd, alcuni del M5S. Erano in compagnia di un nutrito drappello di Sindaci delle zone interessate e di giornalisti, con l'incarico di dar voce a chi dice no alla volontà della politica nazionale cui quella regionale sembra lasciarsi piegare.

FAI, Greenpeace, Legambiente, Marevivo, Touring Club Italiano, WWF, l'Anci Sicilia con Leoluca Orlando, l'On.Ferrandelli, l'On. Cancelleri, l'On. Trizzino, alcuni Sindaci che hanno simbolicamente riconsegnato le Vele blu, si sono rivolti al Governatore Crocetta, affinché guidi la Sicilia sulla via del ricorso alla Corte Costituzionale contro il cosiddetto Decreto Sblocca Italia del Governo nazionale, indicata dalle regioni Abruzzo, Campania, Lombardia, Marche, Puglia e Veneto. Finora si sono raccolti solo i balbettii del Presidente dell'Assemblea Regionale Ardizzone e il silenzio, assordante questa volta, del resto della compagine parlamentare all'Ars di maggioranza e opposizione. Ma perché è ormai partita la mobilitazione per arginare la Marea
Nera nel Canale?

I motivi di tutela ambientale sono noti, l'inversione di tendenza e la contraddizione rispetto allo sfruttamento delle risorse naturali, turistiche, ambientali piuttosto che di quelle petrolifere anche. Incombe il ricordo della catastrofe ambientale del golfo del Messico, le preoccupazioni relative all'instabilità geologica del Canale, nel quale insistono diverse formazioni vulcaniche. Ma, oltre a tutto questo, l'eterogeneità del fronte (nazionale) anti trivelle è determinato dallo scippo legislativo operato dal Governo di Roma nei confronti delle regioni. "Attualmente - dice l'On. Cancelleri - la Sicilia ha concesso quattro autorizzazioni nel Canale e due a terra. Ma il vero problema è che, da oggi, sarà solo il Ministero a decidere le sorti dei territori, senza alcuna salvaguardia ambientale e a prescindere dalla volontà delle regioni e delle politiche che queste vorranno attuare". E c'è un'altra domanda da fare. Perché questa improvvisa e rinnovata corsa al petrolio? "In Italia - continua Cancelleri - c'è la più bassa tassazione del mondo. Una vera pacchia per i petrolieri. La percentuale sulle royalty in Sicilia era del 10%. Adesso, con un emendamento M5S, è del 20%. Ma è ancora poco. In Svezia la tassazione sul fatturato è decisamente più alta e le risorse ottenute sono canalizzate alla valorizzazione e tutela ambientale. In Italia, invece, rischiamo solo la svendita del nostro patrimonio naturale ai petrolieri".

Resta da capire cosa pensa la maggioranza silenziosa, specie in tempi di crisi. Potremmo saperlo presto. Oltre al ricorso alla Corte Costituzionale che prima o poi verrà formalizzato da qualche Regione, in pole c'è l'Abruzzo, l'altra strada da percorrere è la referendaria. Un referendum abrogativo dell'art. 38 del Ddl Sblocca Italia potrebbe essere chiesto da 5 Regioni. Ma in Sicilia è all'ordine del giorno anche una legge voto del M5S, per chiedere il referendum consultivo. Per far decidere ai siciliani le sorti della Sicilia bastano, si fa per dire, 46 voti in Assemblea Regionale e sapremo cosa pensa la maggioranza silenziosa.


giovedì 11 dicembre 2014

Se non si ferma la corsa al petrolio potremmo presto avere una costellazione di pozzi nel Canale

Ci sono almeno due strade da percorre per tentare di fermare la corsa al petrolio in Sicilia e non solo. La prima è il ricorso alla Corte Costituzionale contro l'articolo 38 del Ddl Sblocca Italia, con il quale il Governo nazionale sembra violare le prerogative costituzionali riconosciute dall'art. 117 della Costituzione. La seconda è quella del referendum popolare. Formalmente ancora nessuna regione italiana ha inoltrato il ricorso alla Corte ma basta che una lo faccia e la Corte l'accolga, e vale per tutte. Le Regioni interessate, compresa la Sicilia, hanno deliberato atti formali con i quali impegnano i rispettivi Governi ad inoltrarlo. Il Governatore della Lombardia, Roberto Maroni, ha già manifestato con una lettera ai responsabili di Greenpeace la volontà di ricorrere. Per intraprendere quella del referendum abrogativo, invece, occorre che la richiesta sia sottoscritta da almeno cinque regioni. In Commissione Ambiente all'Ars è già stata approvata una mozione per il Referendum ma per proseguire occorre il voto dell'aula. 

Attualmente, dunque, il Ministero, sentita la Regione interessata, può rilasciare le autorizzazioni per permettere alle società petrolifere che ne hanno fatto richiesta, di iniziare l'attività di ricerca finalizzata all'estrazione di greggio. Nel Canale di Sicilia sono attualmente attive 4 piattaforme petrolifere, la Prezioso, la Perla, la Vega e la Gela. 
Altre 16 richieste sono state inoltrate per essere autorizzate. Per avere chiara la situazione, una sola di queste prevede otto pozzi. In breve il Canale di Sicilia potrebbe essere costellato da piattaforme petrolifere. Altri aspetti sono ancora ambigui. Il Ministero, sentita la Regione interessata, autorizza le attività di ricerca ed estrattive. E se la Regione dice no? A quanto sembra, gli impianti potrebbero essere considerati di rilevanza strategica. 

A quel punto, non è certo il parere di una Regione o la Valutazione di Impatto Ambientale che ferma la realizzazione di un impianto di estrazione di greggio. Quindi, supposto che il Governo non tornerà indietro, la strada da percorre è quella dell'abrogazione dell'art. 38 del Ddl Sblocca Italia. Infine, perché sono considerati pericolosi i pozzi nel Canale di Sicilia? In fin dei conti quattro ci sono già. L'attività estrattiva del pozzo in mare è analoga a quella di un pozzo a terra. In Basilicata riscontrano seri problemi con lo smaltimento dei fanghi e le acque utilizzate per l'estrazione, che vengono trattate e poi riversate in mare. Ma alcune falde acquifere sono risultate inquinate e i livelli di radiazione e di concentrazione di sostanze tossiche nelle acque smaltite, sono risultate più alte della norma. Insomma, estrarre petrolio inquina. E la stessa cosa accade con i pozzi off-shore nel Canale di Sicilia, senza considerare che la loro gestione è molto più complessa di quella dei pozzi a terra.

mercoledì 10 dicembre 2014

Artisti contro l'idea dominante di dover fare di necessità impossibile virtù. No alle trivellazioni petrolifere in Sicilia.

Mobilitazione e voglia di far sentire la voce di chi si dichiara contro la ricerca e lo sfruttamento petrolifero, specie nel Canale di Sicilia. Una mobilitazione che si manifesta attraverso il web, che non vuole essere politicizzata, che vuole opporsi alle dinamiche finanziarie di un mercato internazionale che i territori sembrerebbe possano per forza soltanto subire. 
Il no alle trivelle arriva dal mondo dello spettacolo e dell'arte. I primi sono stati Ficarra e Picone. I nostri due attori, con un'ironico video, si chiedevano se non fosse uno scherzo di qualcuno pensare di perforare il mare di Sicilia in cerca di greggio.

Adesso è la volta di un gruppo di artisti che fa capo ad Organica_London, uno strumento web animato da Francesco Ferla, architetto Graphic designer che risiede a Londra, il quale ha promosso una iniziativa che si intitola: "Artisti contro le trivellazioni petrolifere in Sicilia". 

Sulle pagina F/B di Organica _London si stanno raccogliendo lavori per immagini, suoni e parole con le quali si rende evidente il rischio al quale si va incontro con il via libera alle trivellazioni, in una terra che è sempre indicata come quella del sole, delle eccellenze eno-gastronomiche, patria delle energie alternative e rispetto alla quale, dalla tolda dell'assessorato al turismo, si invoca la politica del turismo "emozionale". Contraddizioni insanabili e incomprensibili e per capirle basta volgere lo sguardo a quelle zone fatte oggetto di sfruttamento industriale in Sicilia, Gela, Milazzo, Priolo per poi imbarcarsi per i paradisi mediterranei siculi, Pantelleria, Favignana o Lampedusa.

In pochi giorni sono più di trenta i lavori grafici postati da tutta la Sicilia e già pubblicati. La forza delle immagini è molto evocativa e a questa si accompagnano testi e musiche proposte da scrittori e compositori dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia e del Conservatorio di Palermo. L'iniziativa non è pregiudizialmente contro le tecnologie ma parte dalla elementare constatazione che, per l'appunto, la Sicilia possiede altre risorse di tipo culturale e naturale da impiegare per il proprio progresso e fonti energetiche più adatte del petrolio alle quali attingere. Il messaggio di Organica_London è rivolto a tutti coloro i quali, non solo siciliani, sentono di voler produrre un'opera contro l'idea dominante di dover stupidamente fare di necessità impossibile virtù.




lunedì 8 dicembre 2014

Opportunità e prospettive per dire no al petrolio anche in Sicilia

Trivelle e petrolio? No grazie. Lo hanno già detto la Lombardia la Campania il Molise, le Marche, l'Abruzzo. I consigli regionali e i Governatori delle regioni hanno già scelto di ricorrere alla Corte Costituzionale contro l'art. 38 del ddl del governo di Roma detto Sblocca Italia. La norma espropria le prerogative regionali dettate dall'art. 117 della Costituzione, che assegna alle Regioni la potestà legislativa su produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia.

In Sicilia è spaccatura tra i no e i si. Dicono no Greenpeace, WWF e Legambiente insieme a LIPU Birdlife Italia, Italia Nostra, Touring Club Italia, Legacoop Pesca Sicilia, ANCI Sicilia e i comuni di Licata, Ragusa, Scicli, Palma di Montechiaro e Santa Croce Camerina. Insieme hanno inoltrato ricorso al TAR del Lazio contro il decreto 149/14, emanato dal Ministro dell’Ambiente, che sancisce la compatibilità ambientale del progetto “Off-shore Ibleo” di ENI e che prevede otto pozzi, una piattaforma e vari gasdotti al largo della costa tra Gela e Licata. Le richieste per il rilascio della VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) del Ministero nell'area del Canale di Sicilia sono almeno 14. I Comuni di Salina e San Vito lo Capo hanno invece deliberato la richiesta formale al Presidente Crocetta, di procedere all'impugnazione dell'articolo 38 del Ddl sblocca italia.


Dicono no un pezzettino del Pd, solo l'On. Ferrandelli, e il M5S che in Commissione Territorio Ambiente dell'Assemblea Regionale hanno detto si per far arrivare in aula la richiesta di voto per il referendum abrogativo contro l'art. 38 del Ddl Sblocca Italia. Ha detto no il Soprintendente del Mare Sebastiano Tusa, il quale afferma che le preoccupazioni sono rivolte già alla fase di ricerca degli idrocarburi. Infatti, la tecnica consiste nello sparare a 140 atmosfere aria e acqua calda in profondità. Praticamente una bomba che ha effetti nefasti per le biodiversità che popolano il mare del Canale di Sicilia, tra le altre la balenottera comune, il tonno rosso, il gambero.
Dicono di no da anni Enzo Maiorca e la figlia Patrizia, contro il progetto di prospezione e ricerca di idrocarburi da parte della compagnia petrolifera Schlumberger Italiana S.p.A, al largo di Pantelleria, Malta e capo Passero. Hanno detto no già dallo scorso anno i sindaci di Pantelleria e Lampedusa, che vogliono istituire l'area protetta per il loro mare al posto delle trivelle.

Chi dice si di fronte al miraggio dell'oro nero pensa di far soldi facili. Dice si il Governatore Crocetta, occupazione e royalty, ma numeri e proiezioni lo smentiscono. Dice si il Presidente dell'Ars Ardizzone, che ha chiamato a raccolta i deputati nazionali eletti in Sicilia per esortarli a difendere le prerogative statutarie. Vada per l'estrazione petrolifera a patto che le risorse restino qui. Argomento debole. Sono 60 anni che la Sicilia rivendica allo Stato l'applicazione dell'art. 38 dello Statuto siciliano, senza successo. Ha detto si Maurizio Landini della FIOM, secondo il quale con le moderne tecnologie si può estrarre petrolio in sicurezza ma è del 4 giugno 2013 questa notizia: Gela, fuoriuscita di petrolio dall’Eni. Aperta inchiesta per disastro colposo. Quest'altra è del 6 dicembre 2014: Un terremoto di magnitudo 3 è avvenuto alle ore 06:14:43 di questa mattina nel Mar di Sicilia.

Ha detto ni, un colpo al cerchio, uno alla botte, il Coordinatore regionale di Ncd, On. Francesco Cascio, secondo il quale: "La questione va affrontata avviando un ragionamento serio che affranchi il confronto politico dalle guerre ideologiche e entri nel merito della questione per rinvenire una soluzione che concili le diverse esigenze in campo".
Non c'è nessuna guerra ideologica. Solo ragioni di opportunità e prospettive inducono a dire No al petrolio.

Immagini: Francesco Ferla

Fonti
www.loraquotidiano.it 3 dicembre 2014
www.palermo.repubblica.it 13 novembre 2014
www.ilfattoquotidiano.it 4 giugno 2013
www.greenpeace.it

mercoledì 3 dicembre 2014

La caccia all'Oro Nero è un po' come quella ad Ottobre Rosso

Trivelliamo per andare ad estrarre più petrolio, indispensabile per sostenere il sistema industriale europeo della raffinazione in crisi ormai da qualche anno. Coloro i quali si orientano poco nel labirinto delle parole quali mercato, finanza, poteri forti, sindacato ecc, con la vicenda delle trivellazione tocca con mano cosa significano veramente e quale incidenza hanno nelle nostre vite.
Già da qualche anno i petrolieri dell'emisfero occidentale denunciano la crisi del settore della raffinazione e per l'Europa il rischio di dipendere dalle importazioni dei prodotti raffinati, che è giudicato più grave della dipendenza dal petrolio. Il trend del prezzo del greggio al barile è in discesa da qualche anno, da 145 dollari dei tempi d'oro si è passati alla massima oscillazione in negativo di 70, mentre dal 2008 per effetto della crisi e della maggiore efficienza dei propulsori per i mezzi a trazione, i consumi di idrocarburi sono calati sensibilmente. A prima vista, a questa situazione potrebbe porre riparo l'Opec, l'organizzazione dei paesi produttori. Basterebbe che questi tagliassero l'offerta, per mettere in crisi la domanda e far balzare in alto il prezzo del greggio al barile, guadagnando di più. Ma non è così semplice. La produzione di petrolio è aumentata un po' ovunque nel mondo, Stati Uniti, Canada, Russia, e l'Opec non taglia la produzione per non perdere e anzi sostenere il consumo dei mercati asiatici in piena espansione, i quali hanno impianti di raffinazione molto più competitivi di quelli europei e americani e sottoposti ad una legislazione ambientale più blanda della nostra. Per bloccare la concorrenza e colmare lo svantaggio competitivo, le multinazionali del greggio dell'emisfero occidentale puntano a una legislazione ambientale e burocratica meno vincolante e a sostenere i propri impianti di raffinazione con l'aumento della produzione di petrolio estratto dal sottosuolo di casa. Lo hanno fatto negli Stati Uniti, con lo sfruttamento del petrolio di scisto e lo stanno facendo a casa nostra con l'aumento delle trivelle nel Canale di Sicilia. Ha ragione Rosario Crocetta quando dice che Assomineraria si impegna a mantenere gli attuali livelli di occupazione, però non è un regalo alla Sicilia ma un obiettivo strategico delle compagnie petrolifere che da noi hanno i minori costi di royalty, solo il 4% per l'estrazione in mare.
L'Assessore Giosuè Marino, in un'audizione del febbraio 2012 in Commissione Attività Produttive alla Camera, dichiarava che: rispetto all'andamento dei quattro siti siciliani,  la raffineria di Gela, l'impianto Isab-Esso nella zona di Priolo-Melilli-Augusta e la raffineria di Milazzo che fa riferimento a ENI, più il polo petrolchimico di Ragusa con una forte caratterizzazione estrattiva in considerazione dell'ubicazione in sito di molti giacimenti minerari di idrocarburi, non si registrano flessioni dalla produzione se non con riferimento alla raffineria di Gela - e in effetti, l'ultimo allarme chiusura è scattato a luglio scorso.
Attualmente, il 95% dell'energia per il trasporto deriva dal petrolio, mentre nel 2050 solo il 50% della domanda legata al consumo sarà soddisfatto da fonti fossili, il resto sarà appannaggio del biofull. La Sicilia è chiamata ad un sacrificio ambientale necessario per il bene economico del comparto. E non mancano implicazioni geopolitiche. Mantenere alta la produzione e bassi i prezzi colpisce indirettamente la Russia e l'Iran, perché incassano meno dalla vendita della loro produzione petrolifera, già colpita dagli embarghi e sanzioni applicati all'Iran per contenere il suo programma nucleare e alla Russia per le interferenze nella crisi Ucraina.
Curiosamente è una condizione simile alla stessa contro la quale si scontrò a suo tempo Enrico Mattei. Se mai la storia volesse o dovesse insegnarci qualcosa.

Fonti: www.ilpost.it (24 ottobre - 29 Novembre)
           www.camera.it (doc. XVII n. 22)