mercoledì 30 settembre 2009

La mafia non si ferma davanti una biblioteca né con il nome di Peppino né con quello di Don Baggi

È già diventato un caso nazionale la rimozione dell'intitolazione della biblioteca di Ponteranica a Peppino Impastato, da parte del nuovo sindaco leghista passato agli onori della cronaca in un battibaleno. Il sindaco di Ponteranica ha deciso di cambiare nome alla biblioteca, per intitolarla ad un prete del luogo scomparso nel 2000. Sembra un altro sfregio alla memoria di Peppino, questa volta perpetrato a 2000 chilometri di distanza da Cinisi, il paese che lo ha visto nascere e morire. I cori di protesta si sono sollevati da tutta l'Italia, quella legata alla memoria di Peppino e a quel che simboleggia il suo nome, una vera lotta di contrasto culturale, e non solo, alla mafia. Non sappiamo quanto sia stata voluta dalla gente del luogo l'intitolazione della biblioteca a Peppino, ne sappiamo cosa pensano adesso gli abitanti di Ponteranica della nuova iniziativa del sindaco, Cristiano Aldegani. La legge prevede, ma ormai la legge è qualcosa di sempre più opinabile, che l'intitolazione di strutture pubbliche a personaggi deceduti cui è riconosciuta una rilevanza morale, deve avvenire dopo dieci anni dalla scomparsa. Non sono ancora trascorsi dieci anni dalla scomparsa di don Giancarlo Baggi e il sindaco ha nel frattempo provveduto a far rimuovere la targa, come a voler sfruttare il tempo che resta, meno di un anno, per cancellare l'associazione tra il nome di Peppino e la biblioteca. Peppino era siciliano, Ponteranica sta in Lombardia, provincia di Bergamo, immediata l'associazione tra la volontà di rimuovere la targa, da parte di una giunta leghista, e le accuse di razzismo ai danni di un giovane siciliano morto per mano mafiosa. Ancora, la mafia non è più solo un fenomeno criminale siciliano ma acquista sempre di più ramificazioni e si espande in tutte le regioni italiane, anche in Lombardia. Infine, il risultato di questa levata d'ingegno è quello di mettere uno contro l'altro il nome di Peppino e quello di don Baggi, che noi non conosciamo. Siamo nella dimensione dell'inconsistente permanente, dell'irragionevolezza risoluta, del conflitto a tutti i costi e, soprattutto, del consumo ad oltranza di tutto, uomini, cose, fatti, memoria, storia. Siamo sotto un bombardamento continuo di idiozie che finiscono in prima pagina per un giorno e poi scompaiono senza lasciare traccia e senza cambiare una virgola intorno. Sia come sia, le associazioni che fanno capo a Peppino Impastato, così come Giovanni, il fratello, annunciano battaglia, a ragione, contro l'atto mediatico di un giovane sindaco che vuole affermare un'indentità claustrofobica, inutile e controproducente per tutti. La mafia e i suoi interessi non si fermano certo davanti ad una biblioteca, né con il nome di Peppino né con quello di don Baggi.