domenica 19 ottobre 2014

Il problema delle prospettive viste da me



Approfitto di un post di Maurizio Carta e di un commento di Francesco Ferla per farle alcune farneticazioni. Carta ha scritto per essere commentato: Cosa faresti se oggi fosse l'ultimo giorno della tua vita? Ferla ha precisato che forse la domanda difficile da fare sarebbe: Cosa faresti oggi se ti restano quarant'anni di vita? Ma anche 20 o 10, aggiungo io.
Infatti, questa domanda cambia la prospettiva. L'ultimo giorno da vivere persiste in una logica di vita compiuta e soddisfatta, come risultato della somma di una valutazione comunque e per forza di cose positiva, in vista della fine. Ma qui c'è poco da valutare positivamente. Sicché il modo migliore per guardare al futuro e non farsi deprimere è chiedersi cosa fare il primo giorno dei prossimi 14.600. E allora si che c'è da deprimersi, perché per cambiare un paese è necessaria una presa di coscienza collettiva. Sento le critiche alla manovra del Governo che arrivano dalle Regioni. Critiche? Il Governo dice una semplice cosa che nessuno vuol capire ed affrontare da anni, razionalizzate le risorse e tagliate gli sprechi. Quanti sprechi ci sono e che vediamo ogni giorno alla Regione Sicilia? E quanti nei nostri Comuni?
Quanto bisogno ci sarebbe di solidarietà tra di noi, per la difesa non dei privilegi ma dei diritti, primo di tutti quello al lavoro. Per farlo bisogna rinunciare alle guarentigie accumulate in quarant'anni, appunto. Non lo confessiamo nemmeno a noi stessi perché siamo vili e impauriti ma quando sentiamo di licenziamenti in massa, quelli che il lavoro continuano ad averlo il pensiero recondito che fanno è, mors tua vita mea e quelli che non ce l'hanno pensano, commune naufragium omnibus solacium.
Ecco magari il primo pensiero della prima giornata dei prossimi quarant'anni potrebbe essere invertite l'assunto di un modo di fare che ci portiamo dietro da 2000 anni.

venerdì 10 ottobre 2014

È nata a Palermo la prima scuola di arti circensi. Ecco come si diventa trapezisti, equilibristi e giocolieri


Quand'ero piccolo mi chiedevo da quale zona fantastica della Terra arrivassero quegli straordinari uomini e donne capaci di volare, arrampicarsi, contorcersi, saltare o rimanere in equilibrio su un filo o su una piramide umana, che ammiravo ad occhi aperti ogni volta che i miei genitori mi portavano al Circo.







Infatti, ancora adesso è plausibile chiedere ma dov'è che si impara a fare il trapezista, piuttosto che il giocoliere o il contorsionista? Ebbene, la risposta finalmente arriva da un gruppo di artisti palermitani che hanno aperto a Palermo la prima Scuola di Circo contemporaneo, Circ'opificio in Via Lanza di Scalea n. 960.







I genitori spesso lamentano la difficoltà di educare al movimento i propri figli ma la disciplina e la costanza necessarie per la pratica della maggior parte delle attività fisiche mal si concilia con la fantasia, l'interesse e la scarica adrenalitica che contengono la miriade di videogiochi e apparati tecnologici facilmente reperibili a casa dagli adolescenti. Invece, le attività circensi di giocoleria, acrobatica, parkour, acrobatica aerea, equilibrismo, attore di circo, danza contemporanea praticati al Circ'opificio, forse consentono meglio a bambini e adolescenti particolarmente vivaci e intelligenti, e proprio per questo scarsamente interessati ad applicarsi alle tradizionali attività sportive, di esprimere in modo diverso e originale la propria verve artistica. Provare non costa nulla, anche per gli adulti che vogliono finalmente soddisfare la recondita curiosità che si trascinano dietro da anni, basta tel.  340/3928905  - 331/8533184 o scrivere alla email: collettivodibottega@gmail.com


venerdì 3 ottobre 2014

La superclasse finanziaria transnazionale e l'esigenza di trovare nuovi obiettivi collettivi

Non trascorre giorno senza che qualcuno non ci ricordi che viviamo in un tempo senza storia, che i sogni di giustizia sociale del 900 sono irrealizzabili, che la società odierna è liquida, che non c'è più nessuna morale e nessuna etica. Quindi non ci sono più classi, non c'è più alcuno spirito di lotta ne nessuna necessità di darvi luogo. Certamente non è più possibile ed è anche inutile guardare al passato, alle ideologie che sono state tanto contestate e che tanto hanno dato alla storia. Ma pensare che oggi non c'è alcun bisogno di lottare è fuorviante. Non lottiamo più perché sappiamo che è inutile, perché tutti sappiamo che nessuno Stato, Regione, Comune può mettere mano al portafoglio per continuare a fornirci i servizi, il lavoro, l'assistenza. Ma anche questo non è vero del tutto. Tuttavia, è vero che ogni forma di lotta è diventata una guerra tra poveri. La difesa di una tutela conquistata nel 900 è diventata privilegio per pochi, perché non è estensibile. Persino la distinzione tra padrone e operaio, datore di lavoro e dipendente è fuorviante, perché entrambi sono sottoposti alle determinazioni del mercato e il mercato, come afferma Umberto Galimberti, è un entità astratta e non codificabile e proprio per queste sue caratteristiche, non è possibile organizzare la lotta o la resistenza contro.





È complicato rintracciare le responsabilità di questa situazione, bisognerebbe condurre un'analisi profonda ma qualcosa si può identificare. Se non ci sono più classi o, meglio, se oggi ha poco senso la lotta tra le classi che abbiamo conosciute, non dobbiamo ignorare che esiste ed è dominante una superclasse, una vera entità che sfugge al controllo di qualsiasi organo statuale perché tutto il sistema occidentale è piegato ai suoi voleri. Non che la superclasse finanziaria transnazionale, che risiede tra USA ed UE, abbia particolari poteri per decidere, per esempio, tutte le guerre, solo qualcuna, e noi non viviamo in un sistema dove tutto è già deciso o predeterminato. Ma la superclasse finanziaria transnazionale possiede modi, strumenti e uomini, per indirizzare le contro reazioni a quanto succede nel mondo partendo dalla tutela dei propri interessi. La società è liquida, tutto ci appare incerto, non abbiamo più morale o etica solo perché non c'è più un solo obiettivo di quelli che hanno sostenuto le nostre idee negli ultimi 60/70 anni e non ce ne sono in vista di nuovi. Basterebbe individuare un nuovo obiettivo collettivo e condivisibile, per riconsegnare il tempo alla storia e trovare un nuovo antagonista, quantomeno in Occidente, alla Superclasse di cui sopra. La missione di chiunque voglia dirsi di sinistra, o meglio progressista, è solo questa.