Photoficine. Laboratorio multimediale per adolescenti di Ballarò
Video e fotografia per indagare su mafia, pizzo e legalità.
Con la macchina fotografica e la cinepresa a caccia di persone e luoghi.
Per i ragazzi di Photfficine - http://www.photofficine.it/ - un laboratorio sociale animato da un gruppo di adolescenti di Ballarò, il popolare quartiere nel centro di Palermo, il video e la fotografia sono gli strumenti utilizzati per scoprire la realtà che li circonda. Per loro, giovani tra dodici e diciassette anni, alcuni di origini indiane che frequentano il liceo classico Garibaldi o l’istituto tecnico Filippo Parlatore, oppure il liceo Scientifico B.Croce, si tratta di una nuova esperienza percettiva. Imparano a confrontarsi con le tematiche del territorio e ad usare la fotografia e la cinepresa per raccontare persone e luoghi.
Oltre a costruire esperienze collettive indagando con la fotografia e il video sul terremoto del Belice, sulla legalità riprendendo i momenti della festa di “AddioPizzo”alla Magione e sulla mafia, come hanno fatto nei giorni scorsi a Cinisi con interviste ai protagonisti della storia di Peppino Impastato, stanno seguendo anche progetti individuali cercando di capire quali sono le problematiche dei migranti di II generazione, oppure conoscere il lavoro che svolgono le associazioni del centro storico o ancora cercare di capire come risolvere il problema dei rifiuti.
Dipu, Rifat e Manish sono tre dei ragazzi coinvolti nel progetto.
D - Quali sono le tematiche che avete affrontato finora?
R - Siamo stati a Gibellina e a Santa Margherita Belice. Abbiamo indagato sul terremoto con interviste, video e fotografie.
D - Voi che avete origini indiane vivete fenomeni di razzismo a Ballarò?
R - Assolutamente no. Siamo ormai tanti e non veniamo percepiti come diversi. Per di più noi ci sentiamo palermitani. Forse qualche anno fa, ci potevano ancora essere episodi di discriminazione ma adesso sono sempre più rari.
D – Chi vi ha colpito di più, finora, delle persone che avete conosciuto?
R – Riccardo Scibetta. È un fotografo professionista. Gli effetti delle sue foto a panorami o persone, realizzate con tecniche assolutamente innovative, come quella delle foto sovrapposte, sono molto belle.
Giancarlo Lupo e Pietro Alfano, insieme ad Angela Onorato e Pietro Maita, sono i ricercatori universitari che hanno ideato il progetto Photofficine.
D – Com’è nato il progetto Photofficine?
R – Da un’osservazione semplice. Abbiamo rilevato che nel centro storico di Palermo, a Ballarò, mancava un centro di aggregazione che potesse sensibilizzare i giovani alle tematiche del territorio. Così, nel 2007, abbiamo presentato un progetto al Ministero della Gioventù per il bando “Giovani idee che cambiano l’Italia”, che prevedeva la creazione di 4 laboratori, audiovideo – fotografia – photolangage – e uno di percezione, tutti rivolti a giovani adolescenti per sensibilizzarli alle tematiche del territorio attraverso strumenti multimediali. I laboratori hanno finalità percettivi, servono per indagare le modalità di percezione della realtà da parte dei ragazzi.
D – Quanto dureranno i laboratori?
R – Abbiamo cominciato nel gennaio del 2009 e si concluderemo entro ottobre. Il lavoro prodotto sarà poi oggetto di una mostra. Nel frattempo stiamo mettendo in rete, attraverso un sito e un blog, quello che man mano viene fuori dai montaggi delle riprese e dalle foto.
D – Quanti sono i ragazzi coinvolti?
R – Abbiamo cominciato con circa venti ragazzi, anche se l’assiduità non è una loro qualità. Quelli che non mancano nessun appuntamento sono una decina.
D- Confermi il fatto che i ragazzi, provenienti da diverse etnie, sono integrati con i loro coetani palermitani?
R – Si, l’integrazione tra culture è una realtà consolidata a Ballarò, un quartiere dove vivono ormai da molti anni persone di diversa etnia.
Giovanni e Giuseppe sono gli altri due ragazzi palermitani venuti a Cinisi, insieme ai loro amici di origine indiana, per indagare sulla mafia.
D – Cos’è secondo te la legalità?
R – Una regola necessaria alla convivenza.
D – Da quanto vivi a Ballarò?
R - Da cinque anni. Mi trovo abbastanza bene.
D – Chi ti ha colpito di più delle persone che hai conosciuto finora?
R – I ragazzi di LiberoFuturo. Credono in una Sicilia libera dalla mafia.
D – Quali sono i vostri laboratori individuali?
R – Sto indagando sul lavoro nero e sui prodotti contraffatti.
D – Ballarò è un quartiere dove si può trovare lavoro?
R – Penso di no. Ma è un problema diffuso siciliano non solo di Ballarò. È un problema che dipende da tutti, dal governo nazionale e dai siciliani.
Per ultimo ho chiesto a questi ragazzi cosa volevano fare da grandi. Tutti sono molto appassionati dalla fotografia e dal Video. Studiano al liceo, qualcuno di loro vorrebbe poter cambiare le cose, intraprendere la carriera militare, un altro vorrebbe fare l’archeologo ma sa che è difficile, la sua famiglia è molto numerosa, sa che non potrà mantenerlo agli studi. È un po’ disilluso, a diciassette anni, ma spera che qualcuno possa aiutarlo.
Video e fotografia per indagare su mafia, pizzo e legalità.
Con la macchina fotografica e la cinepresa a caccia di persone e luoghi.
Per i ragazzi di Photfficine - http://www.photofficine.it/ - un laboratorio sociale animato da un gruppo di adolescenti di Ballarò, il popolare quartiere nel centro di Palermo, il video e la fotografia sono gli strumenti utilizzati per scoprire la realtà che li circonda. Per loro, giovani tra dodici e diciassette anni, alcuni di origini indiane che frequentano il liceo classico Garibaldi o l’istituto tecnico Filippo Parlatore, oppure il liceo Scientifico B.Croce, si tratta di una nuova esperienza percettiva. Imparano a confrontarsi con le tematiche del territorio e ad usare la fotografia e la cinepresa per raccontare persone e luoghi.
Oltre a costruire esperienze collettive indagando con la fotografia e il video sul terremoto del Belice, sulla legalità riprendendo i momenti della festa di “AddioPizzo”alla Magione e sulla mafia, come hanno fatto nei giorni scorsi a Cinisi con interviste ai protagonisti della storia di Peppino Impastato, stanno seguendo anche progetti individuali cercando di capire quali sono le problematiche dei migranti di II generazione, oppure conoscere il lavoro che svolgono le associazioni del centro storico o ancora cercare di capire come risolvere il problema dei rifiuti.
Dipu, Rifat e Manish sono tre dei ragazzi coinvolti nel progetto.
D - Quali sono le tematiche che avete affrontato finora?
R - Siamo stati a Gibellina e a Santa Margherita Belice. Abbiamo indagato sul terremoto con interviste, video e fotografie.
D - Voi che avete origini indiane vivete fenomeni di razzismo a Ballarò?
R - Assolutamente no. Siamo ormai tanti e non veniamo percepiti come diversi. Per di più noi ci sentiamo palermitani. Forse qualche anno fa, ci potevano ancora essere episodi di discriminazione ma adesso sono sempre più rari.
D – Chi vi ha colpito di più, finora, delle persone che avete conosciuto?
R – Riccardo Scibetta. È un fotografo professionista. Gli effetti delle sue foto a panorami o persone, realizzate con tecniche assolutamente innovative, come quella delle foto sovrapposte, sono molto belle.
Giancarlo Lupo e Pietro Alfano, insieme ad Angela Onorato e Pietro Maita, sono i ricercatori universitari che hanno ideato il progetto Photofficine.
D – Com’è nato il progetto Photofficine?
R – Da un’osservazione semplice. Abbiamo rilevato che nel centro storico di Palermo, a Ballarò, mancava un centro di aggregazione che potesse sensibilizzare i giovani alle tematiche del territorio. Così, nel 2007, abbiamo presentato un progetto al Ministero della Gioventù per il bando “Giovani idee che cambiano l’Italia”, che prevedeva la creazione di 4 laboratori, audiovideo – fotografia – photolangage – e uno di percezione, tutti rivolti a giovani adolescenti per sensibilizzarli alle tematiche del territorio attraverso strumenti multimediali. I laboratori hanno finalità percettivi, servono per indagare le modalità di percezione della realtà da parte dei ragazzi.
D – Quanto dureranno i laboratori?
R – Abbiamo cominciato nel gennaio del 2009 e si concluderemo entro ottobre. Il lavoro prodotto sarà poi oggetto di una mostra. Nel frattempo stiamo mettendo in rete, attraverso un sito e un blog, quello che man mano viene fuori dai montaggi delle riprese e dalle foto.
D – Quanti sono i ragazzi coinvolti?
R – Abbiamo cominciato con circa venti ragazzi, anche se l’assiduità non è una loro qualità. Quelli che non mancano nessun appuntamento sono una decina.
D- Confermi il fatto che i ragazzi, provenienti da diverse etnie, sono integrati con i loro coetani palermitani?
R – Si, l’integrazione tra culture è una realtà consolidata a Ballarò, un quartiere dove vivono ormai da molti anni persone di diversa etnia.
Giovanni e Giuseppe sono gli altri due ragazzi palermitani venuti a Cinisi, insieme ai loro amici di origine indiana, per indagare sulla mafia.
D – Cos’è secondo te la legalità?
R – Una regola necessaria alla convivenza.
D – Da quanto vivi a Ballarò?
R - Da cinque anni. Mi trovo abbastanza bene.
D – Chi ti ha colpito di più delle persone che hai conosciuto finora?
R – I ragazzi di LiberoFuturo. Credono in una Sicilia libera dalla mafia.
D – Quali sono i vostri laboratori individuali?
R – Sto indagando sul lavoro nero e sui prodotti contraffatti.
D – Ballarò è un quartiere dove si può trovare lavoro?
R – Penso di no. Ma è un problema diffuso siciliano non solo di Ballarò. È un problema che dipende da tutti, dal governo nazionale e dai siciliani.
Per ultimo ho chiesto a questi ragazzi cosa volevano fare da grandi. Tutti sono molto appassionati dalla fotografia e dal Video. Studiano al liceo, qualcuno di loro vorrebbe poter cambiare le cose, intraprendere la carriera militare, un altro vorrebbe fare l’archeologo ma sa che è difficile, la sua famiglia è molto numerosa, sa che non potrà mantenerlo agli studi. È un po’ disilluso, a diciassette anni, ma spera che qualcuno possa aiutarlo.