martedì 12 febbraio 2013

Il Papa Benedetto

http://youtu.be/m0GUU4JEXxA


Non si scende dalla Croce. E invece si. E Benedetto XVI, al secolo Papa Ratzinger, lo ha fatto. È sceso dalla Croce. Nel mio immaginario di uomo legato alla cultura cristiana, ma non credente, penso che egli sia sceso per abbracciarla e portarla sulle spalle. In fin dei conti, oggigiorno salire sul Calvario del soglio Pontificio, prendere su di se la responsabilità della guida della Chiesa, era diventata una posizione comoda, di privilegio. In fin dei conti, in questo momento storico, non c'è niente di più sovversivo che scendere dalla Croce quando tutti vogliono salirci su e strattonarla da una parte e dall'altra. Chissà se Ratzinger se ne renda conto. Con il suo gesto, il Papa denuncia la mondanità della Chiesa, proprio lui che è stato uno dei custodi della dottrina della Chiesa e della Fede e suggerisce, o lascia ad altri di capire e riformare, il limite di quella dottrina. La Chiesa è già nel mondo. È già cambiata per milioni di fedeli e le alte gerarchie ecclesiastiche, come tutte le gerarchie, non si avvedono dei cambiamenti irreversibili compiuti nel tentare di arginare e governare i grandi temi all'ordine del giorno. Stiamo parlando della Chiesa, le dimissioni del Papa sono paragonabili ad una rivoluzione, ad un colpo di Stato, qualcosa di simile alla caduta del muro di Berlino e della Glasnost di Gorbaciov.

Per restare al tema, faccio un salto nel cinema e alla sua capacità di raccontare la nostra vita, spesso anche di prevederla. Penso al film di Moretti Habemus Papa. In quell'opera - in queste ore è stato già scritto - c'è tutto il tema e la sofferenza delle dimissioni del Papa, a prescindere dal pretesto della depressione usato da Moretti per costruire il film. Gli spunti dai quali trarre motivi di riflessione sono diversi. Credo che uno dei più tosti sia quello dell'impossibilità, che vien fatta notare dal Cardinale Camerlengo all'analista ateo Moretti, chiamato d'urgenza in Vaticano per fronteggiare la depressione del nuovo Papa, di sovrapporre l'anima con l'inconscio. L'altro, quello dell'impossibilità, ormai sopraggiunta per tutti credo, di sostenere quello che da tempo ci chiediamo l'un l'altro, cioè di essere perfetti, competitivi, capaci di sostenere le prestazioni e chi non lo è, è fuori dal sistema, dagli orizzonti culturali del mondo moderno, considerato pazzo o fallito. Certo, il nostro è un mondo molto piccolo, solo quello da noi conosciuto e che si sta sgretolando pian piano sotto i nostri occhi, sotto i colpi della crisi, incapaci di porvi rimedio, di salvarlo. Fino a ieri, almeno per i credenti, per i milioni di cattolici, restava un punto di riferimento. C'era comunque il Santo Padre a vegliare sulla mondanità delle anime. Adesso viene meno anche quello ed anche per i non credenti, le dimissioni del Papa suscitano, nonostante l'agnosticismo, un senso di scoramento, di disorientamento. Siamo sempre più soli. È morto Marx, lo Stato, Dio, la Mamma, Papà ed adesso anche il Papa. Siamo sempre più soli a governare le nostre vite. Sarebbe ora di crescere. 

domenica 3 febbraio 2013

L'Occidente in Mali gioca pericolosamente a Mosca cieca


Premessa. Sei fossi Hollande, il Presidente Francese, manderei anch'io le truppe in Mali. Ma io non sono Hollande e per di più, per mia fortuna, sono un giornalista. Sicché, la politica deve, per sua natura come ci ha insegnato Machiavelli, inseguire i suoi scopi nella speranza che siano nobili con tutti i mezzi e, aggiungo, con tutti gli assoluti limiti di questo principio, l'informazione no. Del Mali non conosco nulla e mi sono documentato incuriosito dall'invisibilità del nemico contro il quale si stanno battendo i soldati francesi genericamente identificato come "gruppi terroristi islamici", ormai una comoda sigla.
Il 6 Aprile scorso, i ribelli Tuareg della regione dell'Azawad, insieme a gruppi legati al terrorismo islamico (quello vero) a caccia di ogni focolaio sfruttabile nell'area per operare destabilizzazioni geo-politiche, e a gruppi che controllano le vie dei trafficanti di qualunque tipo di merce illegale, hanno dichiarato l'indipendenza della regione nella quale sono presenti ingenti giacimenti petroliferi.
Il Mali, tra l'altro, ha una ricchissima storia. Un istituto americano ha calcolato che l'uomo più ricco del pianeta è stato, fino ad oggi, Mansa Musa, Sultano del regno nel XIV secolo.
La faccio breve, anche perché la dichiarazione di indipendenza del 2012 è solo l'epilogo di una lunga battaglia tra i Tuareg che rivendicano la loro autonomia e il governo del Mali. 
In tutta l'area la politica condotta dagli Stati occidentali, anche gli Stati Uniti di Obama, non è più sostenibile e quella che al momento è una guerricciola, tra qualche anno può sfociare in una ben più impegnativa impresa militare.
Si ripete lo stesso fenomeno afghano. I partigiani Tuareg hanno poche risorse per finanziare la loro causa e difendere la loro etnia dalla scomparsa e saldano i loro interessi, così come avvenne con i Mujiadhin sui monti afghani, con gli Jiadhisti che godono di ingenti risorse. 
La cura è spesso peggiore del male si dice. Sarebbe meglio che le disponibilità tecniche in possesso delle potenze occidentali venissero impiegate per dare udienza ai gruppi etnici locali, magari fastidiosi perché rivendicano autonomia su zone il cui controllo vuole essere esercitato senza influenze e rivendicazioni, ma che certo con il terrorismo islamico non solo non ha nulla da spartite, ma pagano sulla loro pelle e su quella delle genti coinvolte, il prezzo della shari'a.
Da aprile scorso, infatti, gli Jiadhisti, alleati finti della causa Tuareg, hanno distrutto alcuni importanti mausolei eretti a custodia dei resti degli antichi Marabutti, imposto la shariia e vietato ogni tipo di musica, negli anni utilizzata da gruppi Tuareg moderati, Tinariwen, per diffondere e pubblicizzare la loro causa, molto apprezzata anche in occidente. La loro musica ci piace molto ma le nostre orecchie sono sorde alle loro rivendicazioni. http://youtu.be/4-t6-XY7C7A