giovedì 18 settembre 2014

Il consumo non più sostenibile

Il padre di Vincenzo è stato un bancario. Vincenzo è diplomato ha 30 anni, da due coltiva un orto con il quale rifornisce di prodotti agricoli gli abitanti del suo quartiere. Con il suo lavoro riesce a mantenere senza sfarzi e vizi la sua famiglia, moglie e un figlio, pagare bollette e affitto e ad accantonare per il risparmio 300,00€ l'anno.
Il padre di Giuseppe ha fatto il ferroviere per 35 anni, dal 1991 percepisce onorevolmente la sua pensione retributiva. Il figlio Francesco ha quasi 50 anni è laureato ha un lavoro precario, vive in un monolocale acquistato dai genitori e il massimo cui aspira è una pensione sociale, che conta di sommare ad un piccolo gruzzolo che non si sogna di toccare, maturato con il sistema del risparmio forzato da venti anni.
Praticamente vivrebbe di stenti se non fosse per l'aiuto dei suoi genitori, fin quando ci saranno.

Ne Giuseppe, ne tantomeno Vincenzo sono eccessivamente tristi o hanno la percezione di essere poveri. Entrambi hanno un'automobile, a Giuseppe l'hanno regalata, a Vincenzo il meccanico gli ha fatto un notevole sconto sull'ultima riparazione. Giuseppe è single e va quasi regolarmente a prendere l'aperitivo con gli amici e si veste con relativa eleganza da H&M.

Potremmo continuare, perché questo è lo spaccato preistorico della società futura. Quella attuale è al capolinea. Così com'è non può andare avanti, lo scenario che si aprirebbe altrimenti è quello che abbiamo visto in pellicole come 1997 Fuga da NewYork o Blade Runner uscito nelle sale poco tempo dopo.

Società estremamente divaricate, con una moltitudine (troppi per tenerli a bada) di disperati che popolano città ghetto con milioni di abitanti, generate dalla degenerazione di un sistema produttivo votato al semplice consumo, sempre proiettato all'ascesa e all'aumento del reddito da impegnare nei cosiddetti beni di consumo, fino all'ultimo centesimo. Peccato che attualmente il consumo si regge solo sul debito. Infatti, sono ormai anni (ancora pochi per rendersene veramente conto) che il consumo non produce più ricchezza ma povertà, che il lavoro prodotto dall'alto serve solo a fabbricare denaro che però è sempre più insufficiente per soddisfare veramente il costo delle società occidentali.

Per rendersene conto basta guardare all'odierna genesi del lavoro. Basta osservare come è nato negli ultimi 60 anni e a come nasce oggi. Non più controllato dall'alto, con la creazione di posti di lavoro in grandi strutture produttive, pubbliche o private, di servizi o di beni, ma generato dal basso, dalle nuove esigenze e il cui bene più grande e insostituibile è il tempo. Specie per le nuove generazioni.

Il tempo può diventare la moneta corrente del futuro, sulla quale fondare un nuovo sistema di retribuzione. Il denaro, infatti, non è più sufficiente per soddisfare le esigenze dei servizi alle persone.

Gli enti pubblici tagliano i servizi sociali, l'assistenza sanitaria, le pensioni, lo stipendio, per chi ancora lo riscuote. Oggi il lavoro non è più pagato sulla base del tempo trascorso sul luogo di produzione. È impossibile. Quindi ci sono i contratti part-time di 18 ore settimanali ma tutti sappiamo che realmente, i titolari di quei contratti lavorano molto di più senza nessun garanzia.
Nuovi schiavi che sottostanno alla negazione dei loro diritti, per non perdere quell'unica possibilità che il sistema del consumo ancora offre. L'esempio classico è quello della grande distribuzione.
Tutti sappiamo che i grandi centri commerciali chiuderanno i battenti nel giro di pochi anni ma continuiamo a pensare di tirarli su, perché crediamo sia la nuova industria. O ce lo fanno credere. Non siamo nuovi a fenomeni di questo genere. Quando furono costruiti gli impianti petrolchimici in Sicilia, la Fiat, i grossi centri industriali del triangolo compreso tra Milano, Torino e Genova, tutti pensavano avrebbero garantito lavoro e ricchezza per sempre. La durata del sempre è stata quella di una sola generazione.

Tant'è, tutto questo non è ancora bastato e non basterà ma diventa sempre più difficile confutare questa ricostruzione specie da quando, da pochi mesi, anche la locomotiva d'Europa (la Germania) ha rallentato fino quasi a fermarsi. Per non dire degli Stati Uniti, ormai in lotta cruenta con i paesi del BRICS, Brasile, Russia, Cina, SudAfrica, per tentare di mantenere il primato di prima economia mondiale. Anche loro, però, si fermeranno presto per lo stesso motivo. Il consumo non è più sostenibile.

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