lunedì 1 dicembre 2014

Le attività estrattive nel Canale di Sicilia non sono convenienti


Il problema delle trivellazione non è solo siciliano. Da anni ormai, ciò che ne deriva è discusso e affrontato in Basilicata. Si stima che la Regione Basilicata, che conta 574.505 abitanti, riceva 500mln€ di royalty ogni due anni. Ogni anno le rimesse, davvero tante, sono destinate a finanziare le spese sanitarie, la spesa corrente della Regione e l'Università. Ma non sono rose e fiori, tutt'altro. 
La Basilicata, come la Sicilia, è zona Obiettivo convergenza (ex obiettivo 1), per non aver conseguito una crescita del Pil tale da consentire alla regione di portarsi fuori dalla fascia delle aree sottosviluppate, nonostante le previsioni. L'Europa decide in base ai dati statistici che dicono come il prodotto interno lordo lucano non solo non sia cresciuto ma addirittura sia tornato a livelli simili a quelli del 2001. La scorsa settimana a Palermo, Maurizio Landini, a capo della manifestazione dei metalmeccanici, ha dichiarato che grazie alle moderne tecnologie le trivellazione nel Canale di Sicilia si possono fare. Le sue parole sono il segno tangibile del disorientamento e perdita di obiettivi a sinistra.
Infatti, in Basilicata, il problema ambientale maggiore è legato alla riconversione delle acque utilizzate per l'estrazione del greggio. Per aumentare la portata del pozzo, l'acqua preventivamente trattata è introdotta a pressione per agevolare la fuoriuscita del greggio. Poi viene separata dal greggio estratto e trasportata in appositi impianti di trattamento e, infine, smaltita nei fiumi e in mare. Solo che i dati inquinanti delle radiazioni contenute in queste acque e degli additivi chimici con i quali è trattata prima di introdurla a pressione dentro il pozzo, sono superiori alla media.
L'attività estrattiva ha distrutto il tessuto delle micro-imprese agricole della Basilicata e in 20 anni, 24.000 P.I. legate al comparto hanno cessato di esistere.
Il Comune di Viggiano che non arriva nemmeno a 4000 abitanti, riceve in media 11mln€ all'anno di royalty. Un Comune siciliano di 12.000 abitanti ha, in media, un bilancio di 15mln€. 
Quello che sta avvenendo in Sicilia e nel Canale potrebbe avere le stesse ripercussioni ed essere grave tanto quanto quello che accade in Basilicata, per di più ricevendo meno.
Le attività estrattive sono molto convenienti in Italia perché è il paese nel quale si paga la più bassa percentuale di royalty, il 4% del ricavato per le attività estrattive in mare e il 10% a terra.
La vicenda è attualmente discussa in Parlamento regionale attraverso l'attività di informazione di alcuni onorevoli e della commissione preposta, che però è andata deserta per due volte.
La prossima seduta è prevista per martedì 2 dicembre.
Sul fronte della Società civile, numerose organizzazione ambientaliste hanno già denunciato la politica sciagurata legata alle attività estrattive, insieme all'organizzazione di rappresentanza dei Comuni, l'Anci Sicilia, più i Comuni dei territori interessati, specie le isole, con a capo Pantelleria.

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